Pensione integrativa: perché conviene pensarci prima
La pensione pubblica sarà sempre più bassa e incerta per le future generazioni di lavoratori. Questo è un dato di fatto che emerge da diversi studi e proiezioni, tra cui l’inchiesta realizzata da Altroconsumo per capire come si comportano i risparmiatori di fronte al problema pensionistico.
L’inchiesta ha coinvolto oltre 1.000 persone tra i 25 e i 65 anni, con diverse situazioni lavorative e reddituali. Il risultato è che solo il 33% degli intervistati si preoccupa della propria pensione dal punto di vista finanziario, mentre il 67% non si sta affatto preparando a integrare la futura pensione pubblica.
Questo nonostante la maggior parte degli intervistati sia consapevole che la propria pensione pubblica sarà insufficiente a coprire i propri bisogni (lo pensa il 44%) o appena sufficiente (40%). Inoltre, solo il 20% si aspetta una pensione superiore al 75% dell’ultimo stipendio, mentre il 29% pensa addirittura di non averne una e il 20% ritiene che sarà meno della metà. Infine, il 60% si aspetta che la pensione sarà l’unica fonte di reddito una volta in pensione.
Perché allora gli italiani non investono per integrare la pensione pubblica? Le ragioni sono molteplici: il 22% dice di non avere abbastanza soldi, il 16% dice di avere altre priorità di spesa, il 20% dice di essere troppo giovane per pensarci, il 13% dice di non sapere come fare.
Queste risposte mostrano una scarsa cultura finanziaria e una mancanza di pianificazione a lungo termine. In realtà, investire per la pensione integrativa non è difficile né costoso, se si sceglie lo strumento giusto: i fondi pensione.
I fondi pensione sono forme di previdenza complementare che consentono di accumulare un capitale nel tempo, grazie ai versamenti del lavoratore e del datore di lavoro (nel caso dei fondi chiusi o negoziali) o solo del lavoratore (nel caso dei fondi aperti). Questo capitale verrà restituito sotto forma di rendita o di capitale al momento della pensione, integrando così la pensione pubblica.
I fondi pensione hanno diversi vantaggi rispetto ad altri strumenti di investimento:
- Sono fiscalmente vantaggiosi: i versamenti sono deducibili dal reddito imponibile fino a un certo limite (5.164 euro annui), i rendimenti sono tassati in modo agevolato (12,5% per i titoli di Stato e 20% per gli altri) e le prestazioni sono soggette a una tassazione decrescente in base agli anni di permanenza nel fondo.
- Sono economicamente convenienti: i costi di gestione sono mediamente più bassi rispetto ad altre forme di previdenza complementare (come i Pip, Piani individuali pensionistici) e sono soggetti a un tetto massimo del 2% annuo.
- Sono socialmente responsabili: molti fondi pensione investono in modo sostenibile, tenendo conto dei criteri ambientali, sociali e di governance (Esg) nella selezione dei titoli.
- Sono personalizzabili: il lavoratore può scegliere tra diversi ambiti di rischio (fabbricato, contenuto, furto e rapina, catastrofi naturali, responsabilità civile della casa, responsabilità civile della famiglia, tutela legale e animali domestici) e tra diversi livelli di protezione (Essential, Plus, Premium o Top). Inoltre, può modificare la sua scelta in qualsiasi momento.
Per capire quanto si può guadagnare con un fondo pensione, bisogna considerare il rendimento medio annuo composto che si ottiene nel lungo periodo. Questo rendimento dipende dal tipo di fondo pensione (chiuso o aperto), dal tipo di linea di investimento (garantita, obbligazionaria, bilanciata o azionaria) e dalla durata della permanenza nel fondo.
Secondo i dati della COVIP, nei dieci anni da inizio 2011 a fine 2020, il rendimento medio annuo composto è stato pari:
- al +3,7% per i fondi pensione aperti
- al +3,3% per i PIP di ramo III
- al +2,4% per i PIP di ramo I
- al +3,6% per i fondi pensione chiusi
- a fronte di una rivalutazione del TFR è risultata pari all’1,8% nello stesso periodo
Questi dati mostrano che i fondi pensione hanno offerto una remunerazione superiore al TFR e che i rendimenti sono stati più elevati per le linee di investimento più rischiose (come quelle azionarie) e per i fondi aperti rispetto ai PIP.
Per fare un esempio pratico, supponiamo che un lavoratore versi 100 euro al mese in un fondo pensione aperto con una linea bilanciata per 30 anni. Se il rendimento medio annuo composto fosse del 3,6%, il capitale finale accumulato sarebbe di circa 67.000 euro. Se invece il lavoratore lasciasse il TFR in azienda, con una rivalutazione dell’1,8%, il capitale finale sarebbe di circa 47.000 euro. La differenza è quindi di circa 20.000 euro a favore del fondo pensione.Questo esempio dimostra come investire nei fondi pensione possa fare la differenza per garantirsi una pensione integrativa adeguata e migliorare la qualità della vita nella vecchiaia. Per approfondire